20 anni fa moriva Stanley Kubrick, il regista che ha cambiato la storia del cinema mondiale

Stanley Kubrick nasce il 26 luglio del 1928 nel Bronx di New York e muore il 7 marzo 1999, esattamente 20 anni fa.

A tredici anni il padre gli regala una macchina fotografica e il giovane si appassiona così tanto alla fotografia da diventare pochi anni più tardi fotografo free-lance per la rivista ‘Look’. Ma sul finire degli anni ’40 comincia ad essere attratto dalla cinematografia. Il suo esordio dietro la macchina da presa è quindi inevitabile ed avviene nel 1951, con il cortometraggio “Il giorno del combattimento” (Day of the fight), autoprodotto con i suo pochi risparmi, opera che dedica al pugile Walter Cartier. Entusiasta del successo ottenuto, lascia il lavoro come fotografo e si dedica completamente al cinema. Negli anni successivi produce altri due cortometraggi “Il padre volante” (Flying Padre, 1951) e “I marinai” (The seafarers, 1952).

Nel 1955 con l’aiuto economico di parenti e amici riesce a realizzare il suo primo film Il bacio dell’assassino (Killer’s kiss, 1955), lavoro che suscita l’interesse della Uniterd Artistis che lo acquista e decide di distribuirlo in tutto il mondo. Sono questi gli albori di uno dei più grandi registi della storia. Quello che colpisce di questo grande regista è la varietà di tecniche cinematografiche che ha applicato durante tutta la sua carriera. Quella che più impressiona è quella che permette alla macchina da presa di essere l’assoluta protagonista, una vera e propria protesi della mano del regista. Questo va a mescolarsi con il tempo dell’azione che viene utilizzato come veicolo espressivo.

Le sue tre tecniche principali:

  • L’occhio meccanico: la soggettività non è data più dai personaggi ma dal regista stesso.
  • Il tempo d’azione: le inquadrature risultano decisamente prolungate, come se esitassero, facendo risultare che gli attori recitino in uno stato catartico, al limite dell’ipnosi.
  • La ”circolarità” delle sceneggiature: le scene prevedono un finale che va a richiamare l’incipit del film.

La sua narrativa risulta esaltata, perché ogni stato d’animo viene rappresentato sui volti degli attori e comunicato attraverso delle scene riprese alla perfezione con la sua tecnica. Ma volendola tralasciare per un attimo scopriamo la pluralità del mondo Kubrick, passiamo dalla violenza inaudita e deplorevole per Arancia Meccanica, alla depravazione e alla sessualità malata di Lolita, l’essere insignificanti e banali per Eyes Wide Shut.

Kubrick prende le sue sceneggiature dai romanzi, li legge, li elabora per poi riprodurli nella propria mente. Solo dopo averlo fatto concentra l’attenzione sui dettagli, andando ad applicare su di essi la pignoleria e la precisione che lo contraddistinguono e che coinvolge anche i suoi autori e collaboratori. Il suo è un mondo che vive grazie a lui, plasmato da lui dove gli attori sono mere comparse nella sua genialità. In Shining si ha la massima espressione del suo talento, le soggettive non appartengono ai personaggi, è Kubrick il vero “burattinaio”. E’ come se si sentisse un Dio-regista, che gioca con i suoi protagonisti, li osserva e dice loro cosa fare attraverso lo “shining”.

In Arancia Meccanica vediamo il protagonista che guarda nella macchina da presa, come se volesse comunicare con lo spettatore. Che lo vedrà plasmare dalla follia iniziale al cambiamento in positivo nella sua vita, perché è il Dio-Regista che lo decide, che ce lo mostra passo dopo passo. L’unico modo che ha un protagonista di un suo film di uscire da questo stato di frustrazione, di impotenza verso questa entità che lo manipola è rappresentato dal famosissimo soldato “Palla di Lardo” (Vincent D’Onofrio) in Full Metal Jacket, che da timido impacciato passa a diventare un furioso assassino che cerca di distruggere in quella maniera quell’entità che lo opprime. L’unico film che sfugge alla sua regola è 2001 Odissea nello spazio. È come se con questo film volesse creare un paradosso, plasmare un micro mondo completamente diverso da quelli creati fino ad allora. Quindi non vedremo più la macchina da presa come la protesi della mano del regista. No, in questo film l’occhio meccanico, di Hal 9000 il compute di bordo della navicella spaziale osserverà i protagonisti, almeno fin quando la macchina da presa intesa come occhio del regista non ci lascerà una soggettiva di Kubrick che osserverà i due protagonisti e il computer di bordo, nel momento in cui decidono di spegnerlo. Di ucciderlo.

Insomma è difficile descrivere Stanley Kubrick con poche parole, il suo genio è difficilmente eguagliabile, la sua tecnica di regia probabilmente resterà qualcosa di unico.