Mai come quest’anno i David di Donatello presentano delle candidature di rilievo. Almeno per quanto riguarda la candidatura alla palma di “Miglior Regia” c’è un lotto di aspiranti vincitori decisamente importante. Il primo regista che vi presentiamo è Mario Martone. Nato nel 1959, a venti anni è già capace di fondare una compagnia teatrale “Falso Movimento” in cui spazia dal repertorio classico al contemporaneo. Il suo primo lungometraggio è invece datato 1992, “Morte di un matematico napoletano”, opera che prende ispirazione dalla storia di Renato Cacciopoli. Ed è subito un successo visto che ottiene il Premio speciale della giuria alla Mostra del Cinema di Venezia. Il successo arriva pochi anni dopo, nel 1995 con “L’Amore Molesto”, uno dei suoi film più riusciti ispirato al romanzo di Elena Ferrante e con cui ottiene il David di Donatello per la Regia, mentre Anna Bonaiuto e Angela Luce lo ottengono rispettivamente nella categoria “miglior attrice protagonista” e “miglior attrice non protagonista”.
Non abbandona mai però la sua prima passione, il teatro, continuando ad alternare le messe in scena con le uscite dei suoi film. Ottiene inoltre un incarico dal 1999 al 2001 di direttore artistico del Teatro Argentina di Roma. Tra i suoi film meritano una citazione anche Napoli 24 (2010) , L’odore del Sangue (2003) e la sua opera in lavorazione intitolata Qui rido io, ispirata al grande attore e commediografo partenopeo Eduardo Scarpetta (1853-1925), che sarà interpretato dall’attore e regista teatrale Toni Servillo (Il divo, La grande bellezza). Il film con cui invece è candidato quest’anno al David di Donatello per il premio come Miglior Regia è Capri-Revolution, candidato anche in altre 12 categorie in questa sessantaquattresima edizione degli “Oscar italiani”.
Il modello dichiarato di Martone per questo film è l’esperienza del pittore tedesco Karl Diefenbach, che dal 1900 al 1913, anno della sua morte, avviò nella stessa Capri una comune simile a quella raccontata nel film; ma le parole e le azioni del protagonista dal nome di fantasia Seybu sono ispirate, con un voluto scarto temporale che nasconde il senso dell’operazione, al pensiero di Joseph Beuys, figura centrale dell’arte contemporanea tra gli anni ’60 e ’70 già tirato in ballo da un altro film ancora di Venezia, il tedesco Opera senza autore, anche in quel caso nascosto dietro un nome di fantasia (Antonius van Verten). Martone segue come di consueto un modello narrativo d’impostazione rosselliniana, anche nell’evidente incongruenza storica dei suoi personaggi: dichiara, espone, spiega, dà corpo e voce alle idee. Gli manca però la lucidità e l’oggettività storica di un altro lungometraggio del regista: Come Eravamo.
Un film a cui manca qualcosa rispetto alle sue altre opere, ben riuscito ma che lascia comunque la sensazione che si poteva ottenere di più. Martone intanto ottiene già il suo primo successo, il 22 marzo alle ore 20.30, presso il Cinema Partenio ad Avellino, riceverà il Premio Camillo Marino alla carriera, dopo la cerimonia verrà anche proiettato il suo film. Un antipasto dei David di Donatello, ai quali Martone non si presenta però con i favori del pronostico, ciò non toglie che abbia comunque la possibilità di vincere il suo secondo Premio alla regia in questa competizione.