Disintegration: compie 30 anni il viaggio oscuro dei The Cure

Tentare di trovare parole nuove ed uniche per descrivere ciò che continua ad essere “Disintegration” è un esercizio improbo e complicato.

Perché per raccontare l’ottava fatica in studio della band capitanata da Robert Smith bisogna scendere nei meandri dell’anima del frontman così come Orfeo discese negli inferi per cercare la sua amata Euridice.

Si può dunque parlare, a distanza di così tanto tempo di capolavoro? La risposta è inconfutabilmente si. Un si di quelli decisi e senza il minimo tentennamento.

Uscito a distanza di circa un decennio da “Three Immaginary Boys” e apripista della trilogia “dark” composta dallo stesso “Disintegration” assieme al precedente “Pornography” e il successivo “Bloodflowers”, il disco ha da sempre raccontato la rappresentazione onirica e visionaria delle peggiori paure di Robert Smith.

The Spiderman is always hungry”, uno dei passaggi dell’intramontabile “Lullaby” racconta della paura ancestrale del cantante nei confronti dei ragni ma è anche una metafora della sua vita. Il terrore di essere inghiottiti dall’oscurità (in quei tempi Smith era entrato nel vortice della tossicodipendenza ndr.) viene rappresentato dall’immobilismo assoluto su di un letto e da un ragno il cui unico scopo è quello di fagocitare un atterrito Smith fino a farlo sparire definitivamente.

Robert Smith nel video di “Lullaby”

“Disintegration” venne descritto dall’allora etichetta musicale (Fiction/Polydor) come un suicidio commerciale e non aiutò di certo la depressione di Robert Smith né tanto meno l’allontanamento del batterista dell’epoca – nonché cofondatore – Lol Tholhurst.

Forse però furono proprio queste concause a dare la spinta necessaria alla realizzazione di un album tanto complicato quanto oscuro, che videro uno Smith sempre più chiuso in sé stesso pronto a far uscire il materiale in versione solista se mai non fosse piaciuto al resto del gruppo.

Come se non fosse già abbastanza pesante l’aria che si respirava all’interno degli studi di registrazione durante le varie fasi di missaggio, a turbare ancor di più gli animi irrequieti dei The Cure ci pensò la notizia del suicidio di due adolescenti fan della band. Smith appese nella sala il ritaglio di giornale e si racconta che disse ai compagni di gruppo sconvolti: “Beh si, so che si tratta di una tragedia ma è incredibilmente e sinistramente divertente poiché è palese che non centriamo nulla, anche se siamo stati tirati in ballo”.

Nonostante quello che si preannunciava come il più grande fallimento della discografia, “Disintegration” rappresentò invece la rinascita da parte dei The Cure, come certificarono la maggior parte delle recensioni dell’epoca: per Rolling Stone infatti l’album fu “un nuovo canone per la band, creando e sostenendo un sentimento di malinconia introspettiva. Se, come Smith lascia intendere, la band è sul punto di disintegrarsi, questo è un degno epitaffio” mentre NME disse che “sin dalla prima traccia “Plainsong” , un’ondeggiante, lenta narrazione, paralizza l’ascoltatore con il veleno di “Disintegration

Abbandonati i toni divertenti e per certi tratti irriverenti di “Kiss Me, Kiss Me, Kiss Me”, la band inglese fa un uso smodato ma perfetto da ogni punto di vista dei sintetizzatori e delle tastiere, il basso di Simon Gallup, soprattutto in “Fascination Street”, è un morbido ma incessante tappeto sul quale il gruppo si appoggia e la voce di Robert Smith collega e salda insieme tutti i singoli pezzi dell’album, con menzione particolare per “Lovesong”, brano con venature malinconiche che il cantante dedicò a sua moglie e al suo grande amore Mary Poole come “regalo di nozze”.

Moglie che, per certi versi, entrò anche in “Pictures Of You”, altro brano decisamente struggente che lo stesso Smith, durante le varie interviste seguenti alla pubblicazione dell’album, raccontò di aver scritto dopo che la loro casa fu devastata da un incendio. Passeggiando successivamente tra le macerie, il cantante trovò un portafogli dove al suo interno erano custodite alcune loro fotografie parzialmente bruciate.

In conclusione, mettete su un piatto il vinile, nel lettore il cd, andate su una piattaforma digitale qualunque e ascoltate dall’inizio alla fine senza sosta “Disintegration”.

Verrete trasportati in una dimensione oscura grazie ai suoi suoni gotici, tristi ma di forte impatto emotivo che hanno caratterizzato questi ultimi trent’anni, che continueranno a riecheggiare fin quando qualcuno avrà bisogno di uno spazio che sia solamente suo e che consegnano al mito Robert Smith e i suoi The Cure.