La storia del Capitan Uncino longobardo, un Assassin’s Creed che visse più di mille anni fa

Capitan Uncino Longobardo“, così è stato ribattezzato lo scheletro di un guerriero longobardo, sepolto più di mille anni fa in una necropoli a Povegliano Veronerse. L’uomo di mezza età – almeno così è stato dedotto dalle analisi a cui è stato sottoposto dai ricercatori dell’Università “ La Sapienza” e dell’Università Cattolica di Milano – è stato appena reso famoso dal Journal of Anthropological Sciences che ha pubblicato i recenti studi. È stato ribattezzato “Capitan Uncino” perché i ricercatori nelle loro analisi, si sono resi conto che al posto della mano destra aveva una protesi, ma non una protesi normale, bensì un pugnale, insomma una sorta di Assassin’s Creed longobardo. Ilenia Micarelli ha spiegato che il pugnale è stato ritrovato all’altezza del bacino, quando in queste sepolture, di solito, veniva posizionato lateralmente rispetto al cadavere. Le ossa del braccio, inoltre, mostravano l’amputazione in corrispondenza dell’avambraccio, dove hanno riscontrato tracce di legno e pelle che, evidentemente, costituivano il sistema di protesi. Tra i denti è stato rinvenuto del cuoio, con cui probabilmente è stata legato questo marchingegno, a dimostrazione che il guerriero lo ha applicato da solo, con il solo utilizzo della mano sinistra e dei denti.

La Micarelli ha sottolineato che l’ulna e il radio del cadavere sono perfettamente saldati e non presentano segni di infezione, sintomo che “Capitan Uncino” è stato curato con estrema cura, soprattutto se pensiamo che parliamo di circa mille anni fa. La studiosa ha rilasciato la seguente dichiarazione all’Ansa: “Sopravvivere alla perdita di un avambraccio in un’epoca in cui gli antibiotici non sono disponibili, mostra un forte senso di attenzione e cure costanti da parte della comunità: privilegi che si avvicinano all’idea di welfare moderno”. L’utilizzo della protesi è evidenziato da vari indizi,tra cui le ossa della scapola fuori asse per via dei movimenti scorretti a cui è stata sottoposta, visto che non poteva afferrare gli oggetti ma solo infilzarli o spingerli. Insomma, il passato non smette mai di stupirci e ci dimostra come anche nel passato la genialità dell’uomo, seppur con attrezzature limitate, abbia migliorato la vita del “Capitano Uncino “ longobardo.

Domenico Corsetti

Foto: Ansa