#MotoGPReport: le pagelle del Gran Premio di Aragon

Nemmeno il tempo di sistemarsi in poltrona che la gara ci priva di Lorenzo, sicuro protagonista. Poi oltre 40 minuti di adrenalina purissima, grazie ad un pacchetto di mischia da oltre 300 km/h che sfreccia nel toboga ispanico in maniera impressionate con l’addenda di un’eccellente Suzuki guidata poi da Iannone al terzo posto finale. Vince Marquez, con tanta grinta e voglia, dando davvero tutto pur di prevalere su un Dovizioso coriaceo e mai così a suo agio su questo tortuoso tracciato.

 

MARQUEZ: 10. Che dire? Si fa fatica a non essere ripetitivi ma lui ti tira fuori gli aggettivi giusti comunque. È stato mortifero, sagace e consistente, ha atteso con pazienza il suo momento, lo ha costruito per 20 giri e lo ha sfruttato tornando così ad assaporare il dolce gusto del trionfo. Il settore centrale, quello che sembra da mini moto per intenderci, lo pennella come nessuno. Adesso il Mondiale è sempre più ingombrante all’orizzonte come sempre più evidente è la sua capacità di distillare fino all’ultima goccia il potenziale della Honda pur di arginare lo strapotere Ducati.

 

DOVIZIOSO: 9. Su uno dei tracciati più indigesti della sua storia in Ducati, sfodera un weekend quasi perfetto, trovando una velocità insospettabile tanto in prova quanto in gara. Riesce nella mitologica impresa di tenersi dietro il padrone di casa, rintuzzando le sue sortite, copiando le sue spanciate. Poi cede ma non per questo molla ed arriva dietro per un pugno di decimi. È lui l’anti-Marquez e con meno “0” a referto sarebbe lì a giocarsi l’iride.

 

IANNONE: 8. Voleva un weekend positivo, ne aveva bisogno e, diciamocelo, se lo meritava. La ruota è girata con l’high side del 99 alla prima curva (fortunatamente con conseguenze ampiamente gestibili in un paio di settimane) ma il resto ce l’ha messo lui. Abbiamo visto la migliore incarnazione dell’abruzzese in divisa Suzuki, vista la capacità di stare a ruota dei due marziani e, addirittura, di riuscire in una brevissima irruzione in testa al plotone a 5 giri dalla fine. Con questo spirito anche il suo manico pesante viene fuori. Che sia un nuovo inizio.

 

ESPARGARO: 7. Come l’anno scorso, coglie ad Aragon il miglior piazzamento della stagione, un sesto posto che conferma certamente il gap con le armate nippodesmodromiche ma anche in grado di rincuorare in vista della prossima annata dove la line-up del team si arricchirà di tanta qualità in sella. Ha ritrovato fiducia, è apparso sereno come non accadeva da tempo anche per merito di un’Aprilia riuscita a trovare un buon equilibrio che mettesse a frutto l’ottimo potenziale in dote, forse eccellente in nulla ma con ottime carte in tutto.

 

MORBIDELLI: 6. Guida una MotoGP edulcorata, obsoleta e certamente non in grado di puntare al podio ma spesso si lascia trascinare dalla marea; difetti del noviziato. Oggi però si è messo su di buona lena e ha dato davvero tutto in ogni singola tornata. Ne esce con 5 punticini in tasca e con altrettanti secondi di ritardo dalla decima piazza di Vinales. C’è margine di crescita per la prossima stagione, confidando in una necessariamente rediviva Yamaha, però!

 

ROSSI: 5. In prova vive un incubo kafkiano, demordendo dinanzi all’impossibilità di chiudere un giro decente in sella ad una Yamaha che sembra remargli contro. In gara cammina sul dolore e fa venire a galla lo smalto che lo porta a chiudere ottavo dopo l’impietoso 17° posto in griglia. Il resto lo sappiamo già, bello lottare ma così non si va da nessuna parte. Quelli del doppio diapason meglio che sostituiscano lo zabaione al sushi per qualche tempo.

 

VINALES: 4. Si è imbottigliato per bene, non trova uno spiraglio in questo marasma di inadeguatezza tecnica del mezzo e spanatura del suo mordente che ormai non fa più presa. Si ritrova decimo all’arrivo quasi per puro caso e becca oltre 7’’ dal compagno di squadra, non certo in palla oltretutto. C’è davvero qualcosa che si è rotto ma il problema è che non si sa come e chi possa sistemarlo. Allo stato, appare perso.

 

ZARCO: 2.  La gara è da buttare ma con limiti e demeriti anche condivisi con la sua moto. Il voto, quindi, è più al suo status che alla prestazione in sé. Appare distratto, molle e distante, con la testa e forse anche il manico già in KTM. Dopo un inizio stagione positivo, dall’estate è piombato in un abisso profondissimo.

 

 

Antonio Rico