Rosso speranza, Florence + the Machine infiamma Torino. Live report del concerto

Come avevano ben intuito Kieron Gillen e Jamie McKelvie, autori del fumetto The Wicked + The Divine, oggi le divinità sono pop star, e le pop star sono divinità. E infatti, nel fumetto, dodici dèi provenienti da pantheon differenti si calano tra gli esseri umani assumendo le sembianze di altrettante celebrità: David Bowie, Rihanna, Kanye West… Amaterasu, la dea del Sole nella religione shintoista, in The Wicked + The Divine è una cantante dai lunghi capelli rossi e dalla voce portentosa. Ricorda qualcuno? Gli autori stessi hanno confermato che il personaggio è ispirato a Florence Welch, voce e frontwoman dei Florence + the Machine. E nonostante Florence abbia da anni abbandonato le cattedrali solenni e oscure di Ceremonials per abbracciare una nuova, umanissima vulnerabilità in How Big, How Blue, How Beautiful e ancora di più nel suo nuovo album, High As Hope, in concerto è ancora la dea che ritroviamo nelle pagine di The Wicked + The Divine.

I toni sorprendentemente dimessi di High As Hope così diversi dalle fantasie gioiose e barocche di Lungs, ma anche dalle splendide urla di dolore di How Big, How Blue, How Beautiful farebbero immaginare un concerto intimo, dalle sonorità rarefatte. Ma la voce straordinaria di Florence fa tremare le tribune e balzare in piedi anche il pubblico più tiepido. Il pubblico italiano, poi, tiepido non lo è affatto: l’High As Hope Tour di Florence + the Machine ha registrato due sold out consecutivi in Italia, all’Unipol Arena di Bologna il 17 marzo e al Pala Alpitour di Torino il 18, e si appresta a raggiungere il terzo sold out in un anno al Milano Rocks (dove si esibirà il 30 agosto assieme a The 1975). E poi, ha detto Florence al pubblico di Torino, l’Italia la fa sentire a casa. Gli italiani sonodramatic“, ha scherzato la cantante. “Gli inglesi invece si fanno spaventare dai big feelings, i sentimenti prorompenti. Anche io mi spavento da sola, a volte“. E Florence prorompente lo è davvero: in un concerto durato più di un’ora e mezza, non ha fatto altro che correre da una parte all’altra del palco (rigorosamente a piedi nudi), saltando e danzando come una baccante, senza che la sua miracolosa precisione vocale ne risentisse. Si muove sul palco come se la musica stessa le infondesse vita il che, probabilmente, non è così lontano dalla verità.

Mentre canta e piroetta sul palco, Florence è una leonessa, ma negli interludi parlati tra una canzone e l’altra, quando si rivolge al pubblico, è sorprendentemente timida e modesta. Dopo aver aperto la serata con June e Hunger, ha ringraziato profusamente il fan club italiano, la Florence + the Machine Italian Army, per i regali che le ha fatto (in particolare, un volume filigranato che raccoglieva poesie e opere d’arte italiane abbinate alle canzoni della band) e ha parlato con grande affetto di Patti Smith, alla quale ha dedicato il brano Patricia (“Oh, Patricia / Sei sempre stata la mia Stella Polare“). Prima di South London Forever, che parla del luogo dove è cresciuta, ha precisato: “Noi siamo una band inglese, ma siamo anche europei” (ogni riferimento a fatti realmente accaduti è puramente voluto) e ha invitato chiunque fosse nel pubblico ad abbracciare lo sconosciuto che gli stava vicino, in nome dell’amore e della compassione, ma soprattutto della speranza, che è il tema principale di High as Hope.

Vi chiederò di fare una cosa molto pericolosa. Vi fidate di me?” ha chiesto a un tratto al pubblico. “Togliete i cellulari! E se vedete qualcuno vicino a voi con il cellulare in mano, toccategli la spalla e ditegli, molto educatamente: put down your fucking phone! Please, thank you“. Più tardi, però, ha chiesto al pubblico di accendere i flash dei cellulari per Cosmic Love, un fedelissimo cavallo di battaglia della band, che i fan amano da più di 10 anni: “Avremo bisogno delle stelle per questa canzone”. E così, mentre Florence cantava “The stars, the moon, they have all been blown out / You left me in the dark“, il palazzetto si è illuminato di migliaia di piccole luci. Dog Days Are Over, uno dei singoli di maggior successo della band, ha fatto alzare in piedi e ballare anche le tribune: “Quando dico run, saltate più in alto che potete!” Ma poi Florence è saltata giù dal palco e ha raggiunto i fan nel parterre, mentre cantava Delilah. È stato uno dei momenti più magici (e deliranti) della serata: Florence imponeva le mani sulla folla come un taumaturgo, mentre tutti si accalcavano sulle transenne per sfiorarla, anche solo per un istante. Correndo, Florence ha raggiunto il fondo del parterre, e poi si è immersa direttamente nel pubblico, che l’ha sollevata e sorretta mentre cantava le ultime note della canzone. Tornata sul palco, ha intonato la travolgente What Kind of Man, che avrebbe dovuto segnare la fine del concerto. Ma l’entusiasmo del pubblico ha convinto Florence e la band a tornare per un bis: la sensuale, inquietante Big God e, naturalmente, Shake It Out, il perfetto messaggio di speranza per concludere l’High As Hope Tour: “È sempre più buio prima dell’alba“.

Francesca Trinchini