Sarah Stride si confessa su Trend&Moda: musica, teatro ed arte, ecco il mio mondo

Ciao, Sarah, benvenuta su Trend&Moda. Come te la passi in questo periodo?

Ciao Federico, grazie! Con un sospirone posso dirti che questo è un periodo di vita pieno e in cui sto molto bene. Arrivano cose nuove e opportunità alle quali ho deciso di abbandonarmi senza troppe domande. Generalmente spacco il capello, non in quattro ma almeno in sedici parti, prima di buttarmi in qualcosa, quindi ora ho un po’ di vertigini ma sono fiduciosa di ciò che verrà.

Parliamo del tuo nuovo album. Ti va di presentarlo ai nostri lettori?

“Prima che gli assassini” è il mio secondo album di inediti ed è un lavoro che si è che si è staccato in modo massiccio dalle mie cose precedenti. In realtà il vero cambiamento risiede nei timbri e nella produzione artistica affidata all’elettronica minimale e violenta di Kole Laca, mentre dal punto di vista compositivo sono solo andata più in fondo ad una necessità di sondare il sottosuolo in modo più diretto e meno aulico ma mantenendo comunque una vocalità piena di phatos. Anche per i testi, il lavoro è stato molto diverso. Per la prima volta ho scritto a quattro mani, con Simona Angioni, e le tematiche affrontate, pur toccandoci in modo molto profondo e autentico, sono riuscite ad andare al di là di un intimismo che a volte può risultare un po’ fine a se stesso.

Come definiresti questo disco? Quale pensi sia il pubblico più indicato all’ascolto?

“Prima che gli Assassini” è per me un disco necessario e onesto. E’ stato un lavoro che mi ha messa molto alla prova su tanti fronti e mi ci è voluto del tempo per allinearmi con lui che era già più avanti di me…  Sicuramente ad un primo ascolto può risultare un album cupo e difficile, il dualismo e la contraddizione sono temi fortemente presenti all’interno di tutti i brani così come lo è quello della difficoltà di potersi manifestare al mondo in modo autentico. Ma in tutto questo annaspare la speranza c’è, non è mai dichiarata né resa esplicita, è un sottofondo che permea l’intero album e che è pronta per essere scoperta. Le difficoltà e i demoni portano all’interno sempre il loro contrario, sta a noi decidere dove rivolgere lo sguardo. Non penso esista un pubblico più o meno indicato all’ascolto di qualunque cosa, le sensibilità sono imprevedibili e sorprendenti, figurati che questi brani piacciono ai bambini…

Quanto tempo hai speso per il songwriting?

La fase di scrittura è stata piuttosto dilatata perché intrecciata a quella di produzione artistica in un unico flusso di lavoro. Solitamente scrivo prima tutti i brani in forma molto pulita per poi passare agli arrangiamenti e quindi la scrittura vive di un tempo proprio e abbastanza circoscritto. In questo caso invece ho lavorato ai testi per la prima volta con un altro autore e alla scrittura compositiva con il mio produttore artistico che ha saputo dare un’impronta di suono molto definita ai brani già in una prima fase di lavorazione. Abbiamo lavorato tutti e tre contemporaneamente a quest’opera come fosse una scultura, un balletto, una casa.

 

 

 

 

 

 

 

 

Quali sono state le tue fonti di ispirazione e in che modo ti hanno influenzato?

Ho una formazione legata alle arti visive e ho un modo di pensare e comporre sempre molto legato alle immagini. Generalmente traggo ispirazione principalmente dal cinema, dalla pittura e la video arte, dal teatro e dalla letteratura piuttosto che direttamente dalla musica. Anzi, quando compongo tendo quasi a non ascoltare musica e se lo faccio ascolto cose molto lontane dal mondo sonoro nel quale sono immersa. Durante la scrittura di questo disco ad esempio ho ascoltato molto Maria Callas, Elza Soares, Mahler e Arvo Part per farti solo alcuni esempi. Poi, per fortuna ho due fratelli grandi che negli anni 80 mi hanno ben educata alla new wave e un padre grande appassionato di classica.

Quale pensi sia il tuo ruolo nell’ambito della scena underground italiana?

Mi piace e mi diverte l’idea di essere considerata un’outsider, non mi è mai interessato aderire a qualsivoglia scena o categoria quindi l’unico ruolo che mi sento di ricoprire è quello di un giocatore libero che fa un po’ quel che gli pare. Sicuramente mi interessa l’aspetto “terapeutico” del fare creativo, quello che ti sveglia ed è in grado di smuovere visioni incagliate e ripetitive.

Lascio a te le ultime parole per salutare i nostri lettori. Grazie per la tua disponibilità

Da Schianto: “Santo il vizio della lotta, quello del desiderare, santo stare immobile. Anche se non serve a niente santo il mio volere, anche se nessuno sente, sacrosanto chiedere il mio posto ad alta voce.”