Tra amori sperati e amori sofferti: le vecchie strategie degli amanti egoisti

“Odio e amo. Forse chiederai come sia possibile; non so, ma è proprio così e mi tormento”. Che Lesbia fosse in realtà una giornalista e Catullo un sostenitore di una versione antica del Movimento Cinque Stelle? Le vicende umane, dopotutto, sono talmente bizzarre che anche le stranezze si possono rivelare ovvietà e le “banalità” esempi calzanti. È come la storia degli orologi rotti che indicano l’ora giusta due volte al giorno o quella di chi, come il poro Matteo Renzi, mente spesso ma dice cose vere almeno due volte in 24 ore: “buongiorno” e “buonanotte”, non necessariamente altro. Nel nostro caso, la storia bizzarra è quella di un moderno “Catullo” appunto, Davide Casaleggio, e di una moderna “Lesbia”, la figura generica del giornalista. Nell’ultimo anno, il Movimento Cinque Stelle ha subìto certamente un’evoluzione positiva per quel che riguarda il rapporto con l’informazione, pare. Tanto da candidare due giornalisti molto famosi alle elezioni del 4 marzo: mi riferisco ad Emilio Carelli, ex direttore di SkyTg24, e a Gianluigi Paragone, ex conduttore del programma La Gabbia su La7.

Loro rappresentano quella “Lesbia” che “Catullo” ama perché ricambiato, evidentemente. Poi però c’è anche quella che fa scervellare il povero poeta, tipo Mario Borghezio davanti ad un cruciverba o Maurizio Gasparri all’alternarsi del giorno e della notte. Quell’agitazione è ancora serpeggiante nel Movimento e perfettamente incarnata da Beppe Grillo che, rifacendosi ad Emil Cioran e rivolgendosi ai giornalisti, ha dichiarato: “vi mangerei per il solo gusto di vomitarvi”. Il fatto su cui riflettere ora è quello del divieto d’ingresso per Jacopo Iacoboni all’evento Sum#02, tenutosi ad Ivrea il 7 aprile ed organizzato dalla Casaleggio Associati. Iacoboni è il giornalista che, un paio d’anni fa, portò avanti la notizia sulla fantomatica Beatrice Di Maio che sarebbe stata, secondo lui, un’attivista del M5S pagata proprio da Beppe Grillo e dall’azienda fondata dal compianto Gianroberto Casaleggio per diffamare su twitter alcuni politici del PD: Maria Elena Boschi e Matteo Renzi, ad esempio. La Di Maio si rivelò tuttavia essere una “Titti”: Tommasa Giovannoni Ottaviani, cioè la consorte dell’on Renato Brunetta. Lei disse di aver fatto tutto di sua iniziativa (all’insaputa del marito), di aver aperto un account twitter con quel falso nome prima ancora che il cognome “Di Maio” divenisse un cognome noto e di aver poi proceduto nel modo che conosciamo. Capiamola: in fondo, essere sposata con l’on Brunetta è una forma di masochismo che richiede pure un’evasione dalla realtà, di tanto in tanto. Le siano lievi gli anniversari.

L’operato di Iacoboni è comprensibilmente risultato sgradito al M5S. Nello spiegare con un post su facebook la sua decisione di tenerlo fuori dalla manifestazione, Davide Casaleggio ha scritto che il giornalista non aveva fatto richiesta di accredito e quindi non disponeva di quest’ultimo. Secondo quanto riportato da Marta Castigliani in un pezzo su Il Fatto Quotidiano del 7 aprile, però, il cronista si è effettivamente presentato per chiedere l’accredito stampa, ma l’organizzazione ha risposto di non avere il permesso di lasciarlo entrare. Non c’era il permesso di Davide Casaleggio a prescindere, quindi. Addirittura, Emilio Carelli, dopo aver assistito alla scena, ha proposto di farlo entrare come ospite. Ma niente. Tutto questo è un ossimoro difronte ad un Luigi Di Maio che si dichiara dispiaciuto dall’intenzione di Mediaset di chiudere il programma Quinta Colonna su Rete 4 per il favoritismo che il conduttore Paolo Del Debbio avrebbe verso la Lega, a scapito di FI: cioè il vero “direttore” della rete. E in questa profonda incoerenza si vede che l’obiettivo dell’evento di Ivrea, ossia “capire il futuro”, non è stato centrato. Sicuramente non da Davide Casaleggio. Se è vero, come diceva Enzo Biagi, che non si può parlare di se stessi come dei virtuosi finché non c’è stata occasione di peccare, allora il M5S dovrebbe porsi delle domande sul proprio candore, difeso a prescindere per tutto. Perché in questo caso l’occasione di peccare c’è stata. E guarda un po’: anche il peccato.