Valeria Golino all’assalto del David di Donatello con il suo “Euforia”

Vi presentiamo il quarto candidato alla palma di “Miglior Regista” nei David di Donatello 2019, dopo Mario Martone, Alice Rohrwacher e Luca Guadagnino, è il turno di Valeria Golino. È solo al suo secondo lavoro alla direzione di un film, infatti il suo primo lavoro fu un cortometraggio “Armandino e il Madre” del 2010, un lavoro che è servito per testare le seguenti produzioni, “Miele” del 2013 e “Euforia” del 2018 per il quale è candidata all’ambito premio. Ma vediamo di conoscere meglio questa straordinaria attrice, ed ora regista.

Valeria Golino nasce il 22 ottobre del 1965 a Napoli. È cresciuta tra la sua città natale e Atene, intraprendendo la carriera di modella proprio nella capitale greca, prima di venire scoperta e valorizzata dalla regista Lina Wertmuller, che la fa esordire al cinema a soli diciassette anni nel film “Scherzo del destino in agguato dietro l’angolo come un brigante da strada”, nel 1983.

Dopo aver recitato ancora per la Wertmuller in “Sotto sotto strapazzato da anomala passione”, inizia a cimentarsi anche con il cinema estero, inizia con “Blind date” di Nico Mastorakis per poi tornare al cinema italiano con “Figlio mio infinitamente caro” di Valentino Orsini. Viene diretta nel 1985 dal regista Peter Del Monte in “Piccoli fuochi”, lavoro che le comporta la prima candidatura ai Nastri d’Argento), durante le riprese i due intraprendono anche una relazione della durata di due anni.

La sua carriera ormai ha spiccato il volo, è giovanissima ma viene richiesta per molte opere, da “Storia d’amore” di Francesco Maselli che le vale il premio di miglior attrice al Festival del Cinema di Venezia, a “Gli occhiali d’oro” di Giuliano Montaldo, ma soprattutto il capolavoro hollywoodiano: “Rain Man- L’uomo della pioggia” (1988) di Barry Levinson recitando al fianco di due mostri sacri come Tom Cruise e Dustin Offman. Non ha un attimo di respiro, è richiestissima nello stesso anno recita in “Paura e amore” di Margarethe von Trotta e in “Big Top Pee-wee- La mia vita picchiatella”, di Randal Kleiser, film che la fa legare sentimentalmente ad uno degli attori protagonisti: Benicio Del Toro, con il quale inizia la convivenza nella sua casa di Los Angeles.

Nel 1991 torna in Italia per girare un altro film di Peter Del Monte, “Tracce di vita amorosa”, una pellicola che non ha molto successo. Nel 1992 l’attrice gira in Messico “Puerto Escondido” di Gabriele Salvatores. Divisa tra l’America e l’Italia, a Roma vive col suo compagno Fabrizio Bentivoglio insieme al quale recita in “Come due coccodrilli” (1995) di Giacomo Campiotti.  La Golino è una delle poche attrici italiane ad aver ottenuto un maggior successo all’estero che in Italia dove addirittura la sua voce, ritenuta troppo nasale, nei film a lingua inglese non veniva tradotta contattando l’attrice ma tramite l’ausilio di altri doppiatori. Voce che le ha fatto perdere anche un altro ruolo di rilievo, anche se per motivazioni diverse. Per la sua inflessione italiana, la Golino è stata scartata per il ruolo affidato a Julia Roberts nel film “Pretty Woman” film che ha fatto la storia del cinema. Negli Stati Uniti, nonostante Valeria abbia un carattere malinconico è invece popolare per i suoi ruoli comici come nella serie degli “Hot Shots” di Jim Abrahams. Anche se ha avuto l’occasione di essere diretta da Sean Penn, John Carpenter e di recitare a fianco di Gary Oldman e Nicolas Cage.  Negli ultimi anni i suoi ruoli principali li ha ottenuti in produzioni italiane o europee, conoscendo tra l’altro sul set l’ultimo suo grande amore, il collega Scamarcio. Come Regista è agli albori, ma è decisamente apprezzata visto che solo al suo secondo lungometraggio ottiene una candidatura così pesante per i premi più importanti del Cinema italiano.

Il caso vuole che questa candidatura arrivi con un film in cui uno degli attori è proprio il suo ex compagno. Euforia è davvero un buon film, il cui tema è molto toccante, quello della malattia, della disabilità. Si poteva trascendere nel pietismo o nel facile ricorso alla commozione. Valeria Golino invece non lo fa. Ricerca piuttosto i piccoli gesti, spesso le inquadrature sono su uno sfiorarsi di mano, su un sorriso, su uno sguardo, tutti gesti che lasciano trasparire le emozioni. Il tutto contenuto all’interno di una vera e propria riflessione su come una malattia può modificare una vita e le relazioni con gli altri. Un film che nel complesso funziona, ma per il premio di Miglior Regista crediamo possa non bastare vista la spietata concorrenza di quest’anno. Ha tutte le qualità per giocarsela, ma parte svantaggiata rispetto a Garrone e il suo Dogman dato per grande favorito.

Foto: Coming Soon